Quando si pensa all’Aspromonte il primo pensiero va subito alla bellezza dei suoi paesaggi, alla sua incredibile biodiversità, all’incredibile quantità di leggenda che caratterizzano ogni singolo monte, ad una storia che si perde nella notte dei tempi, ma, l’Aspromonte è, purtroppo, anche altro.
La cultura e le tradizioni tipiche della storia delle popolazioni aspromontane sono un inno alla ricchezza della povertà: da non intendere come povertà economica perché qui l’economia non era fatta di denaro così come la ricchezza non era caratterizzata dal benessere.
Era la semplicità delle cose il fondamento su cui si basava la vita di queste genti, un qualcosa che per noi, generazione della comodità e dell’agio, non potrebbe essere minimamente immaginabile.
Immaginate un adolescente che per fare colazione anziché dover aprire il frigo e trovare il latte già pronto in bottiglia debba uscire di casa andare nella stalla e mungere la mucca?
Una vita semplice, fatta di piccole cose, vissuta in simbiosi con la natura, ecco cos’era vivere in Aspromonte.
Poi, improvvisamente, qualcuno (da lontano) decise che tutto questo non andava più bene (sempre da lontano) e allora, anziché aiutare queste persone a vivere più agiatamente grazie al progredire della società, si è pensato di “incoraggiarle” ad abbandonare casa per una vita più comoda che, però, lì non era possibile avere.
Ed oggi la storia non fa altro che ripetersi perché l’Aspromonte, riconosciuto due volte dall’UNESCO (nell’arco di pochi mesi) come scrigno di bellezze uniche al mondo, è lì a vedersi privare dei suoi figli che stavolta non sono persone ma quegli alberi, quei fiori, quelle specie animali che da millenni ne colorano i ripidi pendii.
Cercare un colpevole, puntare il dito contro questo o contro quello, in questo momento, serve a poco.
Mentre scriviamo queste parole migliaia di ettari della montagna bianca stanno bruciando, un po’ come il cuore di quelle persone che hanno dovuto abbandonare le proprie case alla ricerca di una terra promessa che ancora non c’è. E allora quando Mimmo Calopresti parla di Terra degli Ultimi o Gioacchino Criaco ci racconta di Anime Nere, guardare un pò oltre il “primo” significato delle parole diventa importante per conoscere, capire e affrontare la storia di una terra che non aspetta altro che tornare ad essere amata perché, forse, questa è l’unica cosa che abbiamo imparato a conoscere di questo nobile sentimento: l’amore è quando si salva qualcosa.